DIRITTO DI ACCESSO A DENUNCE, ESPOSTI E SEGNALAZIONI

DIRITTO DI ACCESSO A DENUNCE ESPOSTI E SEGNALAZIONI

DIRITTO DI ACCESSO A DENUNCE, ESPOSTI E SEGNALAZIONI

DIRITTO DI ACCESSO A DENUNCE, ESPOSTI E SEGNALAZIONI 750 501 CC Legal

DIRITTO DI ACCESSO A DENUNCE, ESPOSTI E SEGNALAZIONI

 

di Marco Porcu, Partner CCLegal

 

Il diritto di acceso agli atti, di cui agli artt. 22 e ss. della Legge 241/1990, consente ai soggetti interessati di prendere visione ed estrarre copia anche dei documenti provenienti dai privati (quali esposti, denunce e segnalazioni) ma detenuti dall’amministrazione.

Questo, il principio stabilito dal Tar Toscana, con la sentenza del n. 898/2017.

Nel caso di specie, un privato presentava all’ente comunale due distinte richieste di accesso agli atti, al fine di prendere visione ed estrarre copia di due esposti inviati al Comune da soggetti privati, aventi ad oggetto fatti e contestazioni riguardanti la sua attività commerciale.

Obbiettivo dell’accesso era dunque duplice:

  • verificare il contenuto degli esposti
  • esercitare il proprio diritto all’interlocuzione.

L’amministrazione, riscontrava negativamente le suddette istanze in quanto i sottoscrittori degli esposti, previamente informati, avevano espresso la propria opposizione e tale diniego era condiviso dall’amministrazione, secondo la quale “il diritto di accesso si limita agli eventuali verbali di accertamento conseguenti alle attività ispettive la cui titolarità già appartiene alla P.A. e non agli esposti – denunce, anche per l’evidente esigenza di tutela della riservatezza dei soggetti interessati”.

 

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Avverso tali atti, proponeva ricorso dinanzi al competente tribunale amministrativo regionale, il soggetto interessato.

Con la sentenza in commento, i giudici amministrativi accolgono il ricorso condannando l’amministrazione comunale al pagamento delle spese processuali sulla base delle seguenti motivazioni.

In primo luogo, si afferma che il diritto di accesso agli atti della P.A. non costituisce una pretesa meramente strumentale alla difesa in giudizio, essendo in realtà diretto al conseguimento di un autonomo bene della vita, così che la domanda giudiziale tesa ad ottenere l’accesso ai documenti è indipendente dalla sorte del processo principale nel quale venga fatta valere l’anzidetta situazione e anche dall’eventuale infondatezza o inammissibilità della domanda giudiziale che il richiedente, una volta conosciuti gli atti, potrebbe proporre (Cfr. Cons. St., sez. V, 23 febbraio 2010 n. 1067, id., sez. VI, 12 aprile 2005 n. 1680 ; id., sez. VI, 21 settembre 2006 n. 5569).

 

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Le disposizioni in materia di diritto di accesso, mirano infatti a coniugare l’esigenza della trasparenza e dell’imparzialità dell’amministrazione – secondo i dettami dell’art. 22, l. n. 241 del 1990 – con il bilanciamento da effettuare rispetto ad interessi contrapposti e fra questi – specificamente – quelli dei soggetti “individuati o facilmente individuabili” – che dall’esercizio dell’accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza.

Il successivo art. 24 della medesima legge, che disciplina i casi di esclusione dal diritto in questione, prevede al comma 6 i casi di possibile sottrazione all’accesso in via regolamentare e fra questi – al punto d) – quelli relativi a documenti che riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, di persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale di cui siano in concreto titolari, nei quali non può essere ricondotta la fattispecie in esame.

 

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Sulla nozione di documento amministrativo, oggetto del summenzionato diritto, la sentenza afferma inoltre che in ragione dell’ampia nozione di “documento amministrativo” di cui all’art. 22 l. n. 241 del 1990, ben può l’accesso investire atti formati e provenienti da soggetti privati, purché gli stessi siano detenuti stabilmente dalla p.a. per l’espletamento delle proprie attività istituzionali. In particolare, il privato che subisce un procedimento di controllo vanta un interesse qualificato a conoscere tutti i documenti utilizzati per l’esercizio del potere — inclusi, di regola, gli esposti e le denunce che hanno attivato l’azione dell’autorità — suscettibili per il loro particolare contenuto probatorio di concorrere all’accertamento di fatti pregiudizievoli per il denunciato.

Infatti, l’esposto, una volta pervenuto nella sfera di conoscenza dell’amministrazione, costituisce un documento che assume rilievo procedimentale come presupposto di un’attività ispettiva o di un intervento in autotutela, e di conseguenza il denunciante perde consapevolmente e scientemente il “controllo” e la disponibilità sulla propria segnalazione: quest’ultima, infatti, uscita dalla sfera volitiva del suo autore diventa un elemento del procedimento amministrativo, come tale nella disponibilità dell’amministrazione. La sua divulgazione, pertanto, non è preclusa da esigenze di tutela della riservatezza, giacché il predetto diritto non assume un’estensione tale da includere il diritto all’anonimato di colui che rende una dichiarazione che comunque va ad incidere nella sfera giuridica di terzi (Cons. St., sez. V, 19 maggio 2009 n. 3081; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 11 febbraio 2016 n. 396).

Nel nostro ordinamento, prosegue la sentenza, in virtù dei principi democratici di trasparenza, imparzialità e responsabilità, non sono ammissibili denunce segrete, pertanto, colui che subisce un procedimento di controllo o ispettivo ha un interesse qualificato a conoscere integralmente tutti i documenti amministrativi utilizzati nell’esercizio del potere di vigilanza, a cominciare dagli atti di iniziativa quali, denunce, segnalazioni o esposti.

 

Per ogni chiarimento, siamo a disposizione. CC Legal